Se così lo definisce la "comunità internazionale" che per la Libia, Siria ed Ucraina auspicavano un "regime change".....per ripristinare la democrazia s'intende.
Fa effetto perché vi è l'esercito, ma nei paesi "civili" i golpe si fanno con lo SPREAD. Si tratta di golpe, urlano quelle Ongs troppo spesso coperture per servigi offerti dalla CIA. Ordine pubblico, altra parola ambivalente. Nei paesi occidentali, regno della perfezione, tale concetto è insindacabile, inattaccabile, ineccepibile. Si arriva a fortificare i cantieri con uomini armati contro la popolazione inerme come accade in Val Susa senza che le autorità internazionali abbiano niente da eccepire. Ma se viene in un paese non ancora sotto il loro controllo "ordine pubblico" puzza di autoritarismo. Due pesi e due misure. Come la richiesta di sospendere la democrazia per attuare le riforme come è nelle intenzioni delle autorità tailandesi, è vista con disprezzo quando nella UE è normale non eleggere più governi per fare le riforme imposte dal FMI. La premier "destituita" Yingluck Shinawatra altro non è che un fantoccio di Wall Street, come scrive Tony Cartalucci in Obiettivo Siria. Si comprende quindi l'agitazione dei "mercati".
Colpo di stato in Thailandia.Esercito impone legge marziale
Esercito impone legge marziale, censura i media, schiera i soldati a Bangkok, ma dichiara: “non è un colpo di stato”. Incertezza e paura in Thailandia BANGKOK (Asiablog) – L’Esercito Reale della Thailandia ha decretato la legge marziale martedi alle 3 di notte ora locale. La legge marziale è stata annunciata con un messaggio televisivo poco dopo
il sequestro di diverse stazioni TV e radio nella capitale Bangkok. “QUESTO NON E’ UN COLPO DI STATO” - La decisione è stata presa senza consultare il governo, ma il capo dell’esercito, generale Prayuth Chan-Ocha, sostiene che “non si tratta di un colpo di stato”, in quanto i ministri non sono stati privati dei loro incarichi ed il governo ad interim guidato da Niwatthamrong Boonsongphaisan resta ancora formalmente in sella.
Le forze armate affermano di voler semplicemente “restaurare la pace e l’ordine pubblico”, dopo i 28 morti e 800 feriti causati da sei mesi di scontri di piazza nel “Paese dei Sorrisi”. Nel tentativo di giustificare l’intervento dell’esercito nella vita politica nazionale, Prayuth ha aggiunto di aver agito basandosi su una legge del 1914, che darebbe ai militari l’autorità di imporre la legge marziale in particolari momenti di crisi allo scopo di ripristinare l’ordine pubblico del Paese. La legalità della mossa dei militari sarà oggetto di ampio dibattito. Ma anche se dovesse essere riconosciuto come teoricamente ‘legale’, e dunque non propriamente un classico colpo di stato, l’intervento dell’esercito va ad usurpare alcuni dei poteri del governo. L’esecutivo guidato dal partito Pheu Thai, che ha vinto democraticamente tutte le elezioni tenutesi negli ultimi 13 anni (2001, 2005, 2006, 2007, 2011, 2014), rimane formalmente in carica, ma senza il potere di controllare l’ordine e la sicurezza nel Paese. Questo potere è ora in mano all’esercito, che ha immediatamente sciolto il CAPO (Centre for the Administration of Peace and Order), che era controllato dal Governo, ed istituito un nuovo centro di peace-keeping, il Peace and Order Maintaining Command (POMC). “Penso che si possa definire un colpo di stato”, ha dichiarato al Time Pavin Chachavalpongpun, professore associato presso il Centro di Studi del sud-est asiatico all’Università di Kyoto. “E’ un colpo di stato perché toglie il potere al popolo, prendendo il controllo della situazione politica e dei diritti umani.” Delle stesso parere sono le organizzazioni internazionali per il rispetto dei diritti umani. “E’ un colpo di stato di fatto”, ha dichiarato Human Rights Watch (HRW). “Con l’amministrazione civile posta sotto il comando militare, non ci sono strumenti per salaguardare i cittadini da eventuali abusi [dell'esercito] e non ci sono rimedi [in caso di eventuali abusi].” “La legge marziale rimarrà in vigore fino a quando sarà necessario”,ha specificato il generale Prayuth, nuovo uomo forte della Thailandia, in una conferenza stampa. Prayut ha aggiunto di voler fare da mediatore fra i due opposti schieramenti, che al momento paiono avere visioni totalmente inconciliabili. Lo schieramento anti-governativo del PDRC e del Phak Pratchatipat, vicino al vecchio establishment monarchico-militare, chiede la “sospenzione della democrazia” per favorire l’attuazione di “riforme prima delle elezioni” da parte di un “Consiglio” non elettivo.
Al contrario, lo schieramento governativo, che gode del favore delle Camicie Rosse e della maggioranza del popolo, chiede il rispetto delle regole democratiche, riassumibile nello slogan “elezioni prima delle riforme”. Thailandia: gruppo di soldati occupano stazioni TV e radio. Informazione in mano ai militari. Foto AP.
STOP ALLE “NOTIZIE DANNOSE” - In una serie di ordini imposti alla nazione a reti unificate, l’esercito ha anche ordinato la censura di tutti i media. I soldati hanno occupato le stazioni per le trasmissioni radio e TV privando dieci canali televisivi delle antenne di trasmissioni. “E’ fatto divieto a tutti i media di riportare o diffondere notizie o immagini dannose per l’interesse nazionale”, ha ordinato l’esercito in una dichiarazione trasmessa in diretta su tutti i canali tv e radio. Nel frattempo soldati e mezzi militari sono stati schierati lungo le principali strade di Bangkok, mentre i manifestanti pro-elezioni e anti-colpo di stato delle Camicie Rosse hanno dichiarato di essere stati circondati dai militari in un quartiere periferico della capitale. NESSUNA SORPRESA - In un Paese piagato da 18 colpi di stato in otto decenni – l’ultimo dei quali, nel 2006, ha rimosso il governo del primo ministro Thaksin Shinawatra, dissolto il Parlamento e stracciato la “Costituzione del Popolo” del 1997 – la mossa dell’esercito non può essere considerata una sorpresa.
Oltretutto, l’istituzione della legge marziale arriva dopo mesi di crisi politica, l’annullamento delle elezioni di febbraio, la rimozione della premier Yingluck Shinawatra con una sentenza della Corte Costituzionale, e una serie di interviste rilasciate alla stampa da parte del generale Prayuth nelle quali il capo dell’esercito aveva lasciato intendere che i militari non rispondono al governo di Bangkok, ma sono un attore politico indipendente, pronto ad entrare in azione in caso di “necessità”. La settimana scorsa, sull’onda dell’ennesimo attentato a Bangkok che ha causato la morte di tre attivisti del PDRC, l’esercito thailandese aveva minacciato d’intervenire “con tutte le forze” se la crisi politica non fosse rientrata. Gli attivisti ultra-monarchici, anti-Shinawatra e pro-esercito del PDRC, che chiedevano da mesi l’intervento dei carri armati, hanno accolto la notizia della legge marziale con gioia. “[I manifestanti del PDRC] sono felici per l’imposizione della legge marziale questa mattina,” ha fatto sapere con un tweet il blogger statunitense di estrema destra Michael Yon, idolo della borghesia conservatrice di Bangkok. Di umore opposto i sostenitori delle Camicie Rosse e gli attivisti democratici, che hanno immediatamente criticato l’intervento dell’esercito in politica ed hanno dato vita ad una serie di manifestazioni anti-militari e a favore della libertà di stampa. Attivisti democratici sfidano la legge marziale: manifestazione anti-militare e contro la censura. Foto Reuters.
COMUNITA’ INTERNAZIONALE PREOCCUPATA - La comunità internazionale assiste con preoccupazione agli sviluppi della crisi politica thailandese. “Siamo molto preoccupati per quanto sta accadendo in Thailandia”, ha dichiarato Marty Natalegawa, Ministro degli Esteri dell’Indonesia. La legge marziale decretata dall’esercito thailandese deve essere “temporanea” e non deve mettere a rischio la democrazia, ha avvertito Washington per bocca del portavoce dell’ambasciata statunitense a Bangkok, Walter Braunholer, esprimendo l’inquietudine degli Stati Uniti riguardo agli avvenimenti di Bangkok. “Tutte le parti in campo devono rispettare i principi democratici e garantire la libertà d’espressione”, si legge in un comunicato del dipartimento di Stato americano. Preoccupato anche il Giappone, importante fonte di investimenti diretti esteri in Thailandia, che auspica una soluzione pacifica alla crisi politica. “Sollecitiamo con forza le parti interessate a dare prova di moderazione e a non usare la violenza,” ha detto il portavoce del governo giapponese, Yoshihide Suga. “Speriamo vivamente che la situazione venga affrontata in modo pacifico e democratico”. Secondo fonti del Dipartimento medico Erawat di Bangkok, il bilancio dall’inizio della crisi è di 28 morti e oltre 800 feriti.
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