A seguire François Hollande vuole armare degli emirati islamici
Se Israele premia i soldati virtuali con un badge
Pubblicato: 19/11/2012 12:16
Il blog delle forze armate israeliane
(IDF) che in questi giorni sta raccontando in presa diretta, senza
mediazioni, le manovre militari su Gaza ha un elemento poco discusso
quanto inquietante, per promuovere la guerra della propaganda online: un gioco a premi, seppur virtuali.
Una delle nuove frontiere del coinvolgimento dei navigatori è il
gioco. Inserire
elementi ludici o giocosi in un servizio web, quali una
classifica tra gli utenti più attivi, una classifica degli amici con cui
competere o premi virtuali, è dimostrato aumentare il livello di
partecipazione. Sfruttando questo presupposto, in inglese definito dal
concetto gamification (letteralmente, far diventare il servizio
un gioco), molti servizi web e tecnologie, oggi usate da milioni di
persone come Foursquare o Fitbit, hanno una base utenti fedele e attiva.
Lo stesso concetto è stato fatto proprio da IDF nel blog, aperto
qualche mese fa per raccontare le attività dell'esercito israeliano, con
una sezione dedicata ai virtual fighter, ai
combattenti virtuali. In pratica, registrandosi, ogni cittadino
israeliano (o simpatizzante della causa) è invitato a diffondere sui
social network i contenuti del blog, visitare spesso il sito, commentare
e mettere un mi piace agli articoli. Più l'utente partecipa, più
acquista punti che si trasformano in badge, ovvero in medagliette che si
sbloccano superati certi livelli e che appaiono sulla pagina del
profilo dell'utente, come se fossero gradi su una divisa militare.
L'aspetto giocoso legato a un conflitto con morti e feriti ha suscitato sdegno nella comunità dei blogger e del pubblico attivo della rete, rimbalzando di blog in blog. Lo stesso Haaretz documenta le reazioni internazionali alla propaganda israeliana in salsa social, citando i commenti critici.
Ho provato a registrarmi e a verificare direttamente il meccanismo
del gioco, ma in questo momento tutto il blog sembra avere problemi
tecnici, forse dovuti all'elevato traffico a cui è sottoposto il sito in
queste ore. In ogni caso alcune delle pagine sono raggiungibili dalla cache di Google.
Un portavoce IDF ha risposto ad alcune critiche sull'operazione
relativa alla gamification del blog, ribadendo che il tutto è mosso da motivazioni molto serie, rigettando ogni ipotesi che il tutto fosse volto a minimizzare l'impatto della manovra su Gaza:
In no way is 'IDF Ranks' meant to gamify Operation Pillar of Defense or any military actions during the operation. We embarked on the operation for serious reasons - Israeli civilians have been the target of rocket fire for over a decade - and we continue to see it with the utmost seriousness.
Un grazie a Michele Aggiato per la segnalazione del link da cui ha preso spunto l'articolo.
François Hollande vuole armare degli emirati islamici
- di Thierry Meyssan. -
«Sotto i nostri occhi», cronaca di politica internazionale n°17.
Alla
tribuna dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, il 25 settembre,
il presidente francese François Hollande aveva affermato la sua
convinzione sul fatto che il cambiamento di regime in Siria era «certo» e
che pertanto Parigi avrebbe riconosciuto «il governo provvisorio,
rappresentativo della nuova Siria, a partire da quando verrà formato.»
Pensava di poterlo designare lui stesso appoggiandosi sul Consiglio
nazionale, l’organizzazione fantoccio creata dalla DGSE e finanziata dal
Qatar.
Tuttavia, gli Stati Uniti si sono affrettati a riprendere le cose in
mano. Il Segretario di Stato Hillary Clinton ha stigmatizzato la
rappresentatività del Consiglio nazionale, composto da persone che «non
sono andate in Siria da 20, 30 o 40 anni» e ne ha organizzato il suo
affondamento. Nel corso della riunione di Doha, tenutasi l’11 novembre
sotto l’egida della Lega Araba, l’ambasciatore statunitense Robert Ford
lo ha riassorbito all’interno di una coalizione nazionale posta
direttamente sotto il suo controllo.
Questo, ovviamente, non ha migliorato la conoscenza della Siria di
quelle persone non vi si sono recate «da 20, 30 o 40 anni», ma ha
modificato il giudizio che il Dipartimento di Stato riserva loro: nel
momento in cui obbediscono a Washington, sono considerati legittimi.
Tuttavia, la Francia insegue il suo sogno di ricolonizzazione della
Siria. All’ONU, François Hollande ha chiesto che il Consiglio di
Sicurezza dia un mandato per amministrare le «zone liberate dai
ribelli», sul modello del mandato conferito alla Francia dalla Società
delle Nazioni dal 1923 al 1944 sull’insieme della Siria. Seguendo questa
logica, la Francia e il Consiglio di cooperazione del Golfo hanno
riconosciuto la Coalizione nazionale siriana come «unico rappresentante legittimo del popolo siriano» chiamato a «costituire un governo provvisorio».
Inoltre, Parigi ha chiesto all’Unione europea – che ha appena ricevuto
il premio Nobel per la Pace – di togliere l’embargo sulle armi, in modo
da poter approvvigionare le «zone liberate».
Sembrerebbe che i dirigenti francesi, presi dalle loro chimere, non
si siano resi conto della gravità del loro proposito qualora venisse
messo in pratica. Non è né più né meno che la messa in causa della
sovranità degli Stati-Nazione, che costituisce la base del diritto
internazionale dal Trattato di Westfalia del 1648, un principio che è
divenuto universale nel 1945 con la Carta delle Nazioni Unite e la
decolonizzazione che ne seguì.
Che ci piaccia o no Bashar al-Assad, è giocoforza constatare che egli
governa attualmente la maggior parte del territorio siriano con
l’appoggio della maggioranza del popolo siriano. Ora la Francia pretende
di astrarsi da questa realtà e di poter definire arbitrariamente chi
costituisca il governo siriano. Su questa base, essa intende darsi il
diritto di amministrare e rifornire di armi le «zone liberate» sopra le
quali sventola già la bandiera a tre stelle, che in precedenza aveva
imposto a questo paese. Questo processo è stato riconosciuto prima del
1945 per giustificare certe forme di colonizzazione, ma è stato
rifiutato nelle regioni del mondo in cui si applicava la sovranità degli
Stati-Nazione.
73 anni fa, la Germania impose un primo ministro nazista a Vienna e
si appoggiò su di lui per annettersi l’Austria. Seguì una serie di
conquiste territoriali che non poteva essere fermata che dalla Seconda
Guerra Mondiale. Non vi è dubbio alcuno che, se il ragionamento francese
fosse applicato, si aprirebbe la strada a una Terza Guerra Mondiale,
come sottolineato da Assad nella sua intervista dell’8 novembre a Russia Today.
I dirigenti francesi non sembrano aver capito quale forma pratica
assumerebbe il loro progetto se fosse applicato. Quelle che chiamano «zone liberate»
sono regioni dai contorni mobili e incerti controllate dalle brigate
dell’ESL. L’unica volta in cui una delle sue zone fu stabilizzata, è
stata in un quartiere a sud-ovest di Homs a fine 2011 – inizio 2012. La
Katiba Al-Farouk proclamò l’Emirato Islamico di Baba Amr. Le scuole
furono distrutte e la Shari’a divenne la Legge. Tutti gli abitanti
non-sunniti furono espulsi e più di 150 persone furono condannate da un
“tribunale rivoluzionario” a essere sgozzate in pubblico.
Quattro mesi dopo la caduta dell’Emirato Islamico, il presidente
François Hollande ha ricevuto in pompa magna a Parigi alcuni dei suoi
leader in fuga. Era il 6 luglio, in occasione della riunione del “Gruppo degli amici del popolo siriano” (sic).
Oggi, la Francia intende sostenere la creazione di nuovi Emirati
islamici nel territorio di uno Stato sovrano, membro delle Nazioni
Unite.
In queste condizioni, la Francia dovrebbe riconoscere l’Emirato
Islamico dell’Afghanistan a fianco al Pakistan e dell’Arabia Saudita,
anziché andare a sacrificare 88 dei suoi soldati per combattere i
Taliban. E non si vede il motivo per cui intrattenga ancora relazioni
diplomatiche con la Russia, invece di riconoscere il governo provvisorio
di Ichkeria (Cecenia).
Lasciamo da parte questo ragionamento per assurdo. Nel 1970,
l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha adottato la risoluzione 2625
che esplicita i principi del Diritto Internazionale, diffusi nella
Carta. Questo testo proclama: «Tutti gli Stati devono altresì
astenersi dall’organizzare, assistere, fomentare, finanziare, incitare o
tollerare delle attività armate sovversive o terroristiche che siano
destinate a cambiare con la violenza il regime di un altro Stato, così
come dall’interferire nelle lotte intestine di un altro Stato.» In
qualità di Presidente della Repubblica francese, spetta a François
Hollande il rendersi garante del rispetto di questi principi.
Thierry Meyssan, 18 novembre 2012.
Traduzione a cura di Matzu Yagi.
Questa “cronaca settimanale di politica estera” appare simultaneamente in versione araba sul quotidiano “Tichreen” (Siria), in versione tedesca sulla “Neue Reinische Zeitung”, in lingua russa sulla “Komsomolskaja Pravda”, in inglese su “Information Clearing House”.
0 commenti:
Posta un commento