domenica 18 novembre 2012

A predisporre il piano cinque Stati membri Ue: Francia, Germania, Italia, Polonia e Spagna, che sperano anche nell’adesione del Regno Unito

Andrea Perrone

Cinque Stati membri dell’Unione europea, esclusa la Gran Bretagna, ritengono che l’Ue ha bisogno di una nuova organizzazione militare per tenersi pronta a realizzare operazioni e missioni all’estero. I ministri degli Esteri e della Difesa di Francia, Germania, Italia, Polonia e Spagna hanno avanzato la richiesta con un intervento comune dopo l’incontro di Parigi. Il documento, pubblicato dopo il vertice, sottolinea: “Siamo convinti che l’Ue deve
realizzarsi entro una vera infrastruttura civile-militare che ancora deve essere definita, per pianificare e condurre missioni e operazioni”. Ma il rapporto contiene altre interessanti prospettive che ci permettono di capire se analizzate quale strategia i cinque Paesi dell’Unione europea intendono portare avanti da qui ai prossimi anni. La relazione poi aggiunge: “Dobbiamo mostrare la preparazione di tenere a disposizione, in treno, implementare e sostenere in teatro i mezzi necessari civili e militari”.Ma il documento non si ferma qui ed elenca una serie di priorità militari Ue per i prossimi anni. Un elenco che comprende l’aiuto alla Somalia nel combattere gli islamisti e i pirati, ovvero come dichiara il rapporto“una possibile missione di formazione per sostenere le forze armate del Mali” a riconquistare il Nord del Mali, e poi una “assistenza per sostenere le nuove autorità libiche” contro le milizie islamiche, e ancora la “normalizzazione” dei Balcani occidentali (in particolare in Bosnia-Erzegovina dove in seno allo Stato federale i serbo-bosniaci guidati dal loro leader Milorad Dodik chiedono l’indipendenza osteggiata dagli Usa e dall’Ue); e ancora la “risoluzione del conflitto” in Georgia, e la formazione delle forze di polizia in Afghanistan. Il comunicato chiede anche una maggiore “messa in comune e condivisione” dell’hardware per la difesa dell’Unione europea nel contesto dell’attuale crisi economica legata in particolare ai tagli al bilancio. E identifica tra gli elementi importanti l’armamento o i settori su come è necessario mantenere gli occhi aperti e, per questo, non devono essere sottovalutati“spazio, missili balistici di difesa, droni, rifornimento di aerei in volo, capacità di trasporto aereo, supporto medico alle operazioni [e] la cosiddetta Software Defined Radio”.
Il riferimento alle nuove “Strtturre civili-militari” è stato fatto dopo che il Regno Unito lo scorso anno aveva bloccato la creazione di una nuova sede operativa (un vero e proprio comando operativo) da realizzarsi a Bruxelles per condurre missioni militari Ue. Il quotidiano britannico The Telegraph all’inizio di questa settimana ha citato”una fonte di alto livello francese” come ha sottolineato il rappresentante degli Affari esteri dell’Ue Catherine Ashton che sostiene l’idea di un comando operativo, in grado di diventare un “frutto maturo” nel “lungo termine”, quando le operazioni militari dell’Ue si moltiplicheranno. E – aggiungiamo – quando l’Europa-colonia sarà ancora più al servizio dell’impero a stelle e strisce nelle strategie per imporre la cosiddetta “democrazia export”.
Il ruolo futuro del Regno Unito, per collaborare al progetto della difesa con l’Unione europea, è stato comunque un tema rilevante in occasione della riunione che si è svolta il 15 novembre scorso proprio nella capitale francese. Il ministro degli Esteri di Parigi Laurent Fabius (nella foto) ha sottolineato che la Gran Bretagna dovrebbe unirsi al Gruppo dei cinque. “Il testo che abbiamo sviluppato è aperto a tutti i nostri colleghi, in particolare alla Gran Bretagna”, ha sottolineato Fabius, mentre il suo collega della Difesa Jean-Yves Le Drian ha commentato che il rapporto è stato redatto per “creare un movimento” in anticipo rispetto al vertice dell’Ue in materia di difesa previsto per il 2013. Dal canto suo il ministro degli Esteri polacco Radek Sikorski ha puntualizzato che “se l’Unione europea vuole diventare una superpotenza, e la Polonia sostiene questo, dobbiamo avere la capacità di esercitare un’influenza nel nostro quartiere ... A volte si deve usare la forza per eseguire la nostra diplomazia”. Successivamente il ministro polacco ha parlato dell’esistenza d un bilancio “ambizioso”, dal 2014 al 2020, per sostenere il coordinamento della difesa. Da parte sua, il ministro Sikorski ha dichiarato: “Se l’Unione europea vuole diventare una superpotenza, e la Polonia pretende questo, dobbiamo avere la capacità di esercitare un'influenza nel nostro quartiere ... A volte si deve usare la forza per mettere in atto la nostra diplomazia”, ha sostenuto Sikorski, chiedendo un bilancio “ambizioso” per l’Ue dal 2014 al 2020 per realizzare un coordinamento nel settore della difesa. A suo dire, in base a quanto emerge da un’intervista tenuta al quotidiano britannico The Times lo stesso giorno del vertici di Parigi, il titolare degli Esteri di Varsavia ha accusato i britannici di “nostalgia” della passata grandezza, affermando che questa sarebbe la causa per cui Londra si sta tirando indietro nell’ambito dell’integrazione europea e il motivo per cui il Regno Unito pretende il taglio del bilancio dell’Unione. Da quanto emerge dal documento e da queste dichiarazioni la Gran Bretagna preferisce per ora mantenersi fuori da questa alleanza per creare un’unità operativa europea. D’altronde Londra mantiene i suoi legami indissolubili sul piano militare con Washington e Canberra, in più è al comando della cosiddetta “Nato del Nord” a cui aderiscono anche i Paesi dell’Europa settentrionale e gli Stati baltici che guardano all’Artico in chiave antirussa per il controllo delle immense risorse nascoste sotto i fondali del Circolo Polare. Ma non bisogna dimenticare i rapporti di collaborazione di Londra con Parigi, sanciti con gli accordi Lancaster sia per la costruzione di centrali nucleari che di armamento come sottomarini, nonché intese per una azione militare comune in caso di necessità. Tuttavia il Regno Unito a questa proposta dell’Unione europea potrebbe mostrarsi indifferente, tanto più che in questo periodo – anche a causa della crisi – sta prevalendo una linea fortemente euroscettica sia nei settori governativi che in quelli popolari. Il problema rimane comunque sempre lo stesso. L’autonomia militare dell’Ue non esiste: l’Europa rimane una colonia degli Usa e in caso di guerra si muoverebbe seguendo le linee strategiche decise dall’amministrazione americana.


17 Novembre 2012 12:00:00 - http://www.rinascita.eu/index.php?action=news&id=17835 


Cresce il sostegno europeo ai ribelli siriani

Anche l’Italia riconosce la nuova Coalizione delle opposizioni. Dubbi da Londra, pronta però a inviare armi alle milizie golpiste Matteo Bernabei

“Vorremmo trovarci nella posizione di poter riconoscere la Coalizione come unico rappresentante legittimo del popolo della Siria ma intendo sentire di più sui suoi piani”. Con queste parole il ministro degli Esteri britannico, William Hague (foto con Muaz al Khatib), ha espresso ieri le titubanze del governo londinese riguardo la nuova formazione unitaria delle opposizioni siriane, nata a Doha nei giorni scorsi sotto l’egida del Qatar e le pressioni degli Stati Uniti.
Titubanze che lasciano tuttavia interdetti se si considera che lo stesso primo ministro, David Cameron, appena due giorni fa, non solo ha dato la propria approvazione all’iniziativa francese volta a far rimuovere all’Unione europea l’embargo per la fornitura di armi ai ribelli, ma ha anche ipotizzato la creazione di una no-fly zone su alcune aree del Paese arabo al fine di favorire l’azione delle milizie armate. A quanto pare dunque per Usa e alleati la priorità in Siria non è la tutela del popolo, che potrebbe in futuro essere governato da persone delle quali evidentemente non conoscono ancora le capacità e un eventuale programma politico, ma la rimozione del presidente Bashar al Assad e del suo esecutivo, al fine di sostituirlo con qualcuno di più accondiscendente.
Londra, Washington e il resto del fronte interventista occidentale, sembrano quindi intenzionati a replicare l’errore commesso negli scorsi anni sia in Iraq sia in Afghanistan, due Paesi dove la democrazia non è mai arrivata, la corruzione è più dilagante che mai, le violenze settarie sono all’ordine del giorno e non è in alcun modo possibile garantire la sicurezza dei cittadini.
Uno scenario che non sembra preoccupare neppure l’Italia, che ieri per bocca dell’inviato del ministro degli esteri Giulio Terzi per il Vicino Oriente, Maurizio Massari, ha ribadito “il suo pieno sostegno” alla coalizione delle opposizioni riconoscendola “come legittimo interlocutore del popolo siriano”. Una presa di posizione che arriva a margine dell’incontro dei leader dissidenti che si è svolto ieri a Londra alla presenza di diversi rappresentanti della comunità internazionale, fra i quali l’inviato della Farnesina e il ministro britannico Hague.
Determinati a sostenere l’azione armata dei ribelli anche i liberaldemocratici al Parlamento europeo, guidati dall’ex premier belga, Guy Verhofstadt.
“Il riconoscimento del Consiglio nazionale siriano è il minimo sforzo che l’Ue possa fare”, ha affermato l’eurodeputato, facendo però riferimento al solo Cns e non alla nuova coalizione, e chiedendo inoltre di sostenere l’idea “d’introdurre una no-fly zone nel nord della Siria”. Secondo Verhofstadt, tra le altre cose candidato a sostituire Barroso alla presidenza della Commissione europea, la comunità internazionale “si sta rendendo colpevole” per il suo immobilismo ed “è tempo che l’Unione europea si assuma le proprie responsabilità”.
Il Vecchio Continente appare quindi determinato a fornire sostegno militare ai ribelli, aggirando così lo stallo interno al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ed evitando l’ennesimo intervento diretto della Nato nel Vicino Oriente. Dopo le missioni di pace, sono le guerre per corrispondenza il nuovo fenomeno colonialista del terzo millennio.


17 Novembre 2012 12:00:00 - http://www.rinascita.eu/index.php?action=news&id=17841
 

0 commenti:

Posta un commento