I gendarmi del mondo che fanno atterrare aerei per cercare un loro connazionale violando la sovranità altrui ora impediscono a Maduro di sorvolare Porto Rico (è annesso agli Usa?). Eccola, l'egemonia della comunità internazionale a lingua inglese preannunciata da Winston Churchill, tanto lodato "padrino" della nascita della Ue all'indomani della fine della seconda guerra mondiale.
Barbara
Ps aggiornamento a Maduro accordato in extremis
Dijlma: Obama? No grazie
MERCOLEDÌ 18 SETTEMBRE 2013
di Fabrizio Casari
Le rivelazioni fornite da Edward Snowden circa l’intesa ed estesa attività di spionaggio degli Stati Uniti a danno tanto dei paesi ritenuti “ostili” come di quelli
“amici”, ha procurato un deciso smacco diplomatico per Barak Obama, che si è visto rifiutare con nettezza dal Brasile l’unico incontro fino ad ora programmato nell’agenda di Obama entro la fine del 2013. La data fissata era quella del prossimo 23 Ottobre. Era prevista una visita di Stato, cioè il massimo livello che gli Stati Uniti offrono ai loro ospiti stranieri. Ma Dijlma Roussef, energica ed orgogliosa Presidente del Brasile, ha rifiutato l’invito.
Poteva annullare l’incontro attraverso le sole vie diplomatiche e poteva farlo scegliendo una motivazione qualunque e già la cosa in sé avrebbe destato scalpore, non essendo certo una consuetudine quella di rifiutare una visita di Stato a Washington. Ma Dijlma ha invece scelto di rendere pubblico il gran rifiuto, facendolo accompagnare da un comunicato breve ma durissimo nel quale spiega le ragioni del rifiuto all’invito alla Casa Bianca. “Le pratiche illegali delle intercettazioni delle comunicazioni e dati dei cittadini, aziende e membri del governo brasiliano costituiscono un fatto grave, un attentato alla sovranità nazionale e sono incompatibili con la convivenza democratica tra paesi amici”.
Le rivelazioni di Snowden, pubblicate con particolare evidenza dal The Guardian e, successivamente, dal gigante televisivo brasiliano Rede Globo, dimostrano come la NSA si sia dedicata a spiare soprattutto la presidenza e la principale azienda petrolifera pubblica, la Petrobras, e le rivelazioni erano state oggetto di una presa di posizione durissima sia da parte della Presidente Roussef che del suo predecessore Lula Da Silva. Proprio la scorsa settimana, i due avevano sostenuto un incontro ed entrambi avevano convenuto come fossero indispensabili le scuse formali da parte di Obama.
Il Presidente statunitense, però, non ha ritenuto di pronunciarsi nei termini richiesti dal Brasile e si è limitato ad affidare ad una nota diffusa dalla Casa Bianca la sua “comprensione e dispiacere per le preoccupazioni che le rivelazioni di presunte attività di intelligence degli USA generino in Brasile”. Ma rifiutandosi di assumersi le proprie responsabilità e di indicare le misure che dovrebbe prendere al riguardo, si limita ad annunciare che “cercherà di superare questa fonte di tensioni bilaterali per le vie diplomatiche”. Riguardo il cosa fare e quando, il comunicato della Casa Bianca informa che Obama ha chiesto un’ampia revisione delle attività d’intelligence statunitensi, ma che il processo richiede "tempi lunghi”.
Non poteva bastare e non è bastato. Il Brasile non è disponibile a recitare la parte della zolla d’erba nel "giardino di casa" e fa capire come il rifiuto da parte di Dijlma potrebbe essere solo l’inizio di una fase di rivisitazione dei rapporti politici e commerciali con gli Stati Uniti, benché da Washington si sarebbe fatta trapelare la disponibilità statunitense ad appoggiare la candidatura del Brasile ad un seggio permanente nel Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Disponibilità difficile da credere e comunque tutta da verificare.
Brasilia ritiene però che l'eventuale disponibilità USA, ancorchè dubbia, non andrebbe sopravvalutata, giacchè un seggio gli spetterebbe di diritto non solo vista la sua dimensione ed il rilievo internazionale, ma anche perché sarebbe una posizione dalla quale parlerebbe l’intera comunità latinoamericana. Ed é proprio qui, infatti, che risiede la diffidenza di Washington, che vorrebbe utilizzare il Brasile come contraltare parziale alla Cina ma che teme che dare voce e rappresentanza formale in sede Onu alla nuova America Latina possa rappresentare un boomerang per i suoi disegni imperiali. Inoltre, la diplomazia brasiliana ha una storia di grande rilevanza e prestigio e già in diverse occasioni ha rappresentato un ostacolo ai piani di Washington.
L’ultima fu nel 2010, quando insieme alla Turchia il Brasile riuscì a proporre una via d’uscita diplomatica alla tensione crescente tra Occidente e Teheran sul nucleare iraniano. Gli Usa dovettero fare buon viso a cattiva sorte e Lula vide accrescere il suo prestigio internazionale. Ne seguì un significativo incremento del suo scambio commerciale tra Brasile e Iran, cosa certamente poco gradita a Washington.
Ed ora, una delle conseguenze possibili nell’immediato, almeno sul piano della cooperazione commerciale a fini militari, potrebbe essere la sospensione della commessa per i caccia F16 che Brasilia avrebbe dovuto acquistare dagli Stati Uniti. Che senso avrebbe, affermano a Brasilia, fare affari sul terreno strategico con chi ci spia per controllarci e per procurarsi vantaggi illegittimi nelle trattative commerciali?
L’affaire Snowden, così, rallenta inevitabilmente la marcia di riavvicinamento di Washington verso il Cono Sud dell’America Latina. Nel Vertice delle Americhe del 2009, Obama aveva promesso “un nuovo inizio” ai governi latinoamericani, ma non sembra esserci niente di nuovo nelle sue politiche, che anzi uniscono sinistramente identici metodi per “nemici” e “amici”.
Se per i paesi ostili restano in piedi le vecchie fobìe (come il blocco contro Cuba, rinnovato per un altro anno tre giorni orsono in quanto utile per “gli interessi nazionali” ) per quelli che si vorrebbero “amici” si montano nuove intromissioni tramite le agenzie di spionaggio.
Al punto che persino due amici storici come Messico e Colombia hanno preso posizioni durissime circa le prove che hanno dimostrato come i loro rispettivi governi siano stati spiati dalla NSA. Ma se per la Colombia risultano ipocrite le proteste, viste le basi militari e la sovranità politica da tempo consegnate a Washington e per il Messico di Pena Nieto, ultimo dei burattini del circo di Salinas De Gortari, il rischio è quello che la DEA possa decidere di non chiudere tutti e due gli occhi sul matrimonio tra narcos, forze armate e governo, nel caso del Brasile le cose sono decisamente diverse. La dignità e la sovranità del gigante carioca non sembrano acquistabili con una manciata di parole e qualche commessa industriale.
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Dijlma: Obama? No grazie
MERCOLEDÌ 18 SETTEMBRE 2013
di Fabrizio Casari
Le rivelazioni fornite da Edward Snowden circa l’intesa ed estesa attività di spionaggio degli Stati Uniti a danno tanto dei paesi ritenuti “ostili” come di quelli
“amici”, ha procurato un deciso smacco diplomatico per Barak Obama, che si è visto rifiutare con nettezza dal Brasile l’unico incontro fino ad ora programmato nell’agenda di Obama entro la fine del 2013. La data fissata era quella del prossimo 23 Ottobre. Era prevista una visita di Stato, cioè il massimo livello che gli Stati Uniti offrono ai loro ospiti stranieri. Ma Dijlma Roussef, energica ed orgogliosa Presidente del Brasile, ha rifiutato l’invito.
Poteva annullare l’incontro attraverso le sole vie diplomatiche e poteva farlo scegliendo una motivazione qualunque e già la cosa in sé avrebbe destato scalpore, non essendo certo una consuetudine quella di rifiutare una visita di Stato a Washington. Ma Dijlma ha invece scelto di rendere pubblico il gran rifiuto, facendolo accompagnare da un comunicato breve ma durissimo nel quale spiega le ragioni del rifiuto all’invito alla Casa Bianca. “Le pratiche illegali delle intercettazioni delle comunicazioni e dati dei cittadini, aziende e membri del governo brasiliano costituiscono un fatto grave, un attentato alla sovranità nazionale e sono incompatibili con la convivenza democratica tra paesi amici”.
Le rivelazioni di Snowden, pubblicate con particolare evidenza dal The Guardian e, successivamente, dal gigante televisivo brasiliano Rede Globo, dimostrano come la NSA si sia dedicata a spiare soprattutto la presidenza e la principale azienda petrolifera pubblica, la Petrobras, e le rivelazioni erano state oggetto di una presa di posizione durissima sia da parte della Presidente Roussef che del suo predecessore Lula Da Silva. Proprio la scorsa settimana, i due avevano sostenuto un incontro ed entrambi avevano convenuto come fossero indispensabili le scuse formali da parte di Obama.
Il Presidente statunitense, però, non ha ritenuto di pronunciarsi nei termini richiesti dal Brasile e si è limitato ad affidare ad una nota diffusa dalla Casa Bianca la sua “comprensione e dispiacere per le preoccupazioni che le rivelazioni di presunte attività di intelligence degli USA generino in Brasile”. Ma rifiutandosi di assumersi le proprie responsabilità e di indicare le misure che dovrebbe prendere al riguardo, si limita ad annunciare che “cercherà di superare questa fonte di tensioni bilaterali per le vie diplomatiche”. Riguardo il cosa fare e quando, il comunicato della Casa Bianca informa che Obama ha chiesto un’ampia revisione delle attività d’intelligence statunitensi, ma che il processo richiede "tempi lunghi”.
Non poteva bastare e non è bastato. Il Brasile non è disponibile a recitare la parte della zolla d’erba nel "giardino di casa" e fa capire come il rifiuto da parte di Dijlma potrebbe essere solo l’inizio di una fase di rivisitazione dei rapporti politici e commerciali con gli Stati Uniti, benché da Washington si sarebbe fatta trapelare la disponibilità statunitense ad appoggiare la candidatura del Brasile ad un seggio permanente nel Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Disponibilità difficile da credere e comunque tutta da verificare.
Brasilia ritiene però che l'eventuale disponibilità USA, ancorchè dubbia, non andrebbe sopravvalutata, giacchè un seggio gli spetterebbe di diritto non solo vista la sua dimensione ed il rilievo internazionale, ma anche perché sarebbe una posizione dalla quale parlerebbe l’intera comunità latinoamericana. Ed é proprio qui, infatti, che risiede la diffidenza di Washington, che vorrebbe utilizzare il Brasile come contraltare parziale alla Cina ma che teme che dare voce e rappresentanza formale in sede Onu alla nuova America Latina possa rappresentare un boomerang per i suoi disegni imperiali. Inoltre, la diplomazia brasiliana ha una storia di grande rilevanza e prestigio e già in diverse occasioni ha rappresentato un ostacolo ai piani di Washington.
L’ultima fu nel 2010, quando insieme alla Turchia il Brasile riuscì a proporre una via d’uscita diplomatica alla tensione crescente tra Occidente e Teheran sul nucleare iraniano. Gli Usa dovettero fare buon viso a cattiva sorte e Lula vide accrescere il suo prestigio internazionale. Ne seguì un significativo incremento del suo scambio commerciale tra Brasile e Iran, cosa certamente poco gradita a Washington.
Ed ora, una delle conseguenze possibili nell’immediato, almeno sul piano della cooperazione commerciale a fini militari, potrebbe essere la sospensione della commessa per i caccia F16 che Brasilia avrebbe dovuto acquistare dagli Stati Uniti. Che senso avrebbe, affermano a Brasilia, fare affari sul terreno strategico con chi ci spia per controllarci e per procurarsi vantaggi illegittimi nelle trattative commerciali?
L’affaire Snowden, così, rallenta inevitabilmente la marcia di riavvicinamento di Washington verso il Cono Sud dell’America Latina. Nel Vertice delle Americhe del 2009, Obama aveva promesso “un nuovo inizio” ai governi latinoamericani, ma non sembra esserci niente di nuovo nelle sue politiche, che anzi uniscono sinistramente identici metodi per “nemici” e “amici”.
Se per i paesi ostili restano in piedi le vecchie fobìe (come il blocco contro Cuba, rinnovato per un altro anno tre giorni orsono in quanto utile per “gli interessi nazionali” ) per quelli che si vorrebbero “amici” si montano nuove intromissioni tramite le agenzie di spionaggio.
Al punto che persino due amici storici come Messico e Colombia hanno preso posizioni durissime circa le prove che hanno dimostrato come i loro rispettivi governi siano stati spiati dalla NSA. Ma se per la Colombia risultano ipocrite le proteste, viste le basi militari e la sovranità politica da tempo consegnate a Washington e per il Messico di Pena Nieto, ultimo dei burattini del circo di Salinas De Gortari, il rischio è quello che la DEA possa decidere di non chiudere tutti e due gli occhi sul matrimonio tra narcos, forze armate e governo, nel caso del Brasile le cose sono decisamente diverse. La dignità e la sovranità del gigante carioca non sembrano acquistabili con una manciata di parole e qualche commessa industriale.
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