ah ecco perché certe fazioni sioniste politicizzate demonizzano l'esercito santificando i Fratelli Musulmani che accolsero con favore l'ipotesi di prendere soldi dal FMI. La finanza ringrazia e sponsorizza..... I diritti umani per i cristiani decimati dai bravi e buoni fratelli musulmani? Chi se ne importa, gli unici diritti a dover essere tutelati son quelli delle banche che hanno nel FMI il suo degno rappresentante.
Barbara
L`Egitto verso i non allineati
Il Cairo rifiuta il prestito Fmi e guarda ai Brics
Lorenzo Moore
Nell'attuale governo provvisorio de Il Cairo, imposto due mesi fa
dal generale Abdul Fatah Khalil as-Sisi dopo la deposizione del
presidente Morsi, leader dei Fratelli Musulmani, e il conseguente
bagno di sangue, sta emergendo una linea di avvicinamento ai Paesi
non allineati del blocco dei Brics (Brasile, Russia, India, Cina,
Sudafrica). Una deviazione inattesa dalle diplomazie occidentali,
già patrocinatrici della "primavera" che aveva determinato il
crollo del presidente Mubarak,e che in un certo senso
"rivoluziona" sia le virtuali alleanze con Riad e le altre
monarchie del Golfo e sia i recenti collegamenti con Ankara.Tutto
si è iniziato con la recente decisione egiziana di rifiutare un
nuovo prestito da parte del Fmi e dalla contemporanea
dichiarazione, da parte del ministro degli Esteri Nabil Fahmy su
un Egitto vittima di un "complotto internazionale" la cui mano
armata sarebbero gli "atti di terrorismo" che si verificano in
queste settimane all'interno del territorio nazionale "amplificati
dai media internazionali" (un'accusa esplicita contro la catena
televisiva qatariota al Jazeera e indiretta alla nordamericana
Cnn).Sta di fatto che vari sono stati in questi ultimi tempi i
segnali di un "riallineamento dell'Egitto" verso i BRICS e al di
fuori del cerchio di alleanze con l'Occidente (Stati Uniti in
primis), con l'Arabia saudita e con gli Stati del Golfo.Lunedì 16
settembre, peraltro, lo stesso Nabil Fahmy, nel corso di una
visita ufficiale in Russia, ha dichiarato in un'intervista a
Moscow News e a Ria Novosti che "l'Egitto apprezza il sostegno
russo alle istanze del popolo egiziano" e ha annunciato lo
"sviluppo" di proficue relazioni bilaterali di cooperazione e
interessi comuni". Non solo, ma Nabil Fahmy ha dichiarato che il
Cairo "apprezza l'iniziativa diplomatica russa sulle armi chimiche
in Siria" e si augura che il suo successo possa "tutelare la
regione del Medio Oriente da una minaccia di divisione" che invece
provocherebbe una soluzione militare.Un'inversione di tendenza,
nella politica regionale, a tutto tondo. Sull'Egitto guidato da
Morsi, infatti, sia il Qatar che le monarchie arabe alleate degli
angloamericani, avevano rivolto le loro pressanti attenzioni per
far schierare il Cairo nel fronte di aggressione contro la Siria.
Una strategia di sostegno alla Fratellanza Musulmana iniziata dal
Qatar fin dal 2008, con l'accensione delle micce di
destabilizzazione (dette "Primavere arabe"), in Turchia, Siria,
Libano, Palestina, Libia e nello stesso Egitto. Sotto la
presidenza Morsi, inoltre, era stata coltivata una spirale di
tensione contro l'Etiopia, accusata di attentare alle risorse
idriche egiziane con la costruzione di una diga sul Nilo Azzurro
per la produzione di energia elettrica.In questo evidente inizio
di riallineamento dell'Egitto su un fronte non allineato, con un
ritorno agli equilibri fino ai primissimi anni Settanta, non è
inoltre un caso che giochino anche sostanziosi interessi
finanziari.Nei mesi appena precedenti il rovesciamento della
presidenza Morsi, l'Egitto aveva ricevuto aiuti per 5 miliardi di
dollari dall'Arabia saudita (1 a fondo perduto, 2 con depositi
nella sua Banca centrale e 2 con la fornitura di gas e petrolio),
per 4 miliardi di dollari dal Kuwait (1 a fondo perduto, 2 in
depositi e 1 in forniture petrolifere), 3 miliardi di dollari
dagli Emirati Arabi Uniti (1 a fondo perduto e 2 in depositi).
Inoltre il Cairo aveva negoziato 1,3 miliardi di dollari di aiuti
dagli Usa (comprensivi della fornitura di 20 cacciabombardieri
F-16).La rinuncia all'ulteriore prestito del Fmi - annunciata
ufficialmente dal ministro egiziano delle finanze - viene messa
dagli analisti del Vicino Oriente in stretta correlazione con la
decisione del gruppo non allineato dei Brics (presa a latere del
recente G20 a San Pietroburgo) di capitalizzare la propria Banca
per lo Sviluppo con 100 miliardi di dollari e di dare seguito a
breve ad operazioni di finanziamento ai Paesi emergenti (Egitto,
così, incluso).E' questa l'altra faccia dello stato di tensione
che percorre la politica internazionale e che, facendo perno sulla
necessità occidentale (atlantica) di destabilizzare e dividere
quello che il nostro più vicino oriente, ha fortunatamente fatto
emergere forze di radicale contrasto tra i Paesi non allineati,
Iran compreso. Nell'attuale governo provvisorio de Il Cairo,
imposto due mesi fa dal generale Abdul Fatah Khalil as-Sisi dopo
la deposizione del presidente Morsi, leader dei Fratelli
Musulmani, e il conseguente bagno di sangue, sta emergendo una
linea di avvicinamento ai Paesi non allineati del blocco dei Brics
(Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica). Una deviazione inattesa
dalle diplomazie occidentali, già patrocinatrici della "primavera"
che aveva determinato il crollo del presidente Mubarak,e che in un
certo senso "rivoluziona" sia le virtuali alleanze con Riad e le
altre monarchie del Golfo e sia i recenti collegamenti con Ankara.
Tutto si è iniziato con la recente decisione egiziana di rifiutare
un nuovo prestito da parte del Fmi e dalla contemporanea
dichiarazione, da parte del ministro degli Esteri Nabil Fahmy su
un Egitto vittima di un "complotto internazionale" la cui mano
armata sarebbero gli "atti di terrorismo" che si verificano in
queste settimane all'interno del territorio nazionale "amplificati
dai media internazionali" (un'accusa esplicita contro la catena
televisiva qatariota al Jazeera e indiretta alla nordamericana
Cnn).
Sta di fatto che vari sono stati in questi ultimi tempi i segnali
di un "riallineamento dell'Egitto" verso i BRICS e al di fuori del
cerchio di alleanze con l'Occidente (Stati Uniti in primis), con
l'Arabia saudita e con gli Stati del Golfo.
Lunedì 16 settembre, peraltro, lo stesso Nabil Fahmy, nel corso di
una visita ufficiale in Russia, ha dichiarato in un'intervista a
Moscow News e a Ria Novosti che "l'Egitto apprezza il sostegno
russo alle istanze del popolo egiziano" e ha annunciato lo
"sviluppo" di proficue relazioni bilaterali di cooperazione e
interessi comuni". Non solo, ma Nabil Fahmy ha dichiarato che il
Cairo "apprezza l'iniziativa diplomatica russa sulle armi chimiche
in Siria" e si augura che il suo successo possa "tutelare la
regione del Medio Oriente da una minaccia di divisione" che invece
provocherebbe una soluzione militare.
Un'inversione di tendenza, nella politica regionale, a tutto
tondo. Sull'Egitto guidato da Morsi, infatti, sia il Qatar che le
monarchie arabe alleate degli angloamericani, avevano rivolto le
loro pressanti attenzioni per far schierare il Cairo nel fronte di
aggressione contro la Siria. Una strategia di sostegno alla
Fratellanza Musulmana iniziata dal Qatar fin dal 2008, con
l'accensione delle micce di destabilizzazione (dette "Primavere
arabe"), in Turchia, Siria, Libano, Palestina, Libia e nello
stesso Egitto. Sotto la presidenza Morsi, inoltre, era stata
coltivata una spirale di tensione contro l'Etiopia, accusata di
attentare alle risorse idriche egiziane con la costruzione di una
diga sul Nilo Azzurro per la produzione di energia elettrica.
In questo evidente inizio di riallineamento dell'Egitto su un
fronte non allineato, con un ritorno agli equilibri fino ai
primissimi anni Settanta, non è inoltre un caso che giochino anche
sostanziosi interessi finanziari.
Nei mesi appena precedenti il rovesciamento della presidenza
Morsi, l'Egitto aveva ricevuto aiuti per 5 miliardi di dollari
dall'Arabia saudita (1 a fondo perduto, 2 con depositi nella sua
Banca centrale e 2 con la fornitura di gas e petrolio), per 4
miliardi di dollari dal Kuwait (1 a fondo perduto, 2 in depositi e
1 in forniture petrolifere), 3 miliardi di dollari dagli Emirati
Arabi Uniti (1 a fondo perduto e 2 in depositi). Inoltre il Cairo
aveva negoziato 1,3 miliardi di dollari di aiuti dagli Usa
(comprensivi della fornitura di 20 cacciabombardieri F-16).
La rinuncia all'ulteriore prestito del Fmi - annunciata
ufficialmente dal ministro egiziano delle finanze - viene messa
dagli analisti del Vicino Oriente in stretta correlazione con la
decisione del gruppo non allineato dei Brics (presa a latere del
recente G20 a San Pietroburgo) di capitalizzare la propria Banca
per lo Sviluppo con 100 miliardi di dollari e di dare seguito a
breve ad operazioni di finanziamento ai Paesi emergenti (Egitto,
così, incluso).
E' questa l'altra faccia dello stato di tensione che percorre la
politica internazionale e che, facendo perno sulla necessità
occidentale (atlantica) di destabilizzare e dividere quello che il
nostro più vicino oriente, ha fortunatamente fatto emergere forze
di radicale contrasto tra i Paesi non allineati, Iran compreso.
17 Settembre 2013 -
Rinascita
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