giovedì 29 luglio 2010

Una sentenza ingiusta ma quasi scontata quella di ieri all’Aja sulla secessione del Kosovo. La Corte del tribunale internazionale era stata chiamata a pronunciarsi sulla legittimità dell’indipendenza unilaterale decisa il 17 febbraio 2008 dagli occupanti albanesi, in combutta e con il sostegno sfacciato del mondo euro-atlantico.
Il giapponese Hisashi Owada, presidente del tribunale, leggendo il verdetto ha dato ragione agli albanesi affermando che l’atto di indipendenza unilaterale non viola la legge.
Una sentenza non vincolante che rimuove però non soltanto la stessa Carta dell’Onu (vi si afferma l’inviolabilità territoriale dei Paesi membri…) e dimentica la valenza storico-culturale del Kosovo per Belgrado, considerato dai serbi la culla della loro civiltà.
I giudici, di cui 10 su 14 si sono dichiarati a favore di secessionisti, hanno preferito dare ragione a coloro che hanno sistematicamente ucciso, con l’ausilio delle milizie dell’Uck, migliaia di serbi della regione adottando le tecniche della pulizia etnica e dei trasferimenti forzati col placet della comunità “occientale”, Stati Uniti in testa.
Viene sancito così il diritto di Washington a ottenere il controllo strategico dei Balcani con una guerra, messa in atto a suon di “bombardamenti umanitari”, per distruggere la Federazione jugoslava, insediare nel cuore d’Europa una gigantesca base militare – quella di Camp Bondsteel (Kosovo), forte di 7.000 uomini – e riposizionare la Serbia nel mondo atlantico allontanandola dalla Russia, suo storico alleato.
Dal canto suo il governo di Belgrado ha risposto alla sentenza invitando i serbi a mantenere la calma e a non accettare provocazioni, ribadendo che “non riconoscerà mai, in nessun caso” la dichiarazione d’indipendenza pronunciata il 17 febbraio 2008.
Immediate anche le proteste dei serbi del Kosovo, alcune migliaia di persone sono scese in strada a Mitrovica, tenute d’occhio da un imponente dispositivo di forze dell’ordine e mezzi della missione Nato Kfor. Lo stesso ministro degli Esteri serbo, Vuk Jeremic, ha ricordato che il verdetto rappresenta un presupposto pericoloso per tutti i Paesi, mettendo a rischio la loro sovranità e integrità territoriale con altre potenziali secessioni. Ma agli atlantici questo non importa.
Con tali premesse, c’è da giurare che l’ex premier albanese kosovaro Haradinaj, capo dei terroristi Uck, alla sbarra all’Aja, verrà consacrato Santo.

Stampa Libera

 ed una piccola premessa storica da Comidad

È significativo che sia la Slovenia a presiedere l'unione Europea nel periodo in cui occorrerà discutere dell'indipendenza del kosovo, poiché risulta del tutto logico e coerente che sia la presidenza di uno Stato- fantoccio ad occuparsi della nascita di un altro Stato-fantoccio.

Per la precisione, la Slovenia possiede almeno una sua base etnica e linguistica per fare da pezza d'appoggio alla sua cosiddetta indipendenza, mentre il kosovo nasce in tutto e per tutto come una creatura  artificiale della NATO. Il kosovo è infatti un territorio tradizionale della Serbia che nel 1999 è stato strappato dalla NATO ai suoi originari abitanti in nome di una minoranza di immigrati che peraltro non è mai stata interpellata in quanto tale, ma solo tramite una rappresentanza composta da criminali comuni, a sua volta organizzata dalla stessa NATO. Dal punto di vista etnico, l'attuale kosovo si configura dunque come un inutile doppione dell'Albania, cosa che ridicolizza le posizioni di coloro che quindici anni fa parlarono di "risveglio etnico" a proposito della destabilizzazione della Jugoslavia; una destabilizzazione operata in realtà dal colonialismo della Germania  e poi, soprattutto, degli Stati Uniti. Il nuovo kosovo sarà inoltre uno Stato a maggioranza islamica, il che non preoccupa affatto la NATO, ciò ad ulteriore dimostrazione della inconsistenza e pretestuosità della propaganda sullo "scontro di civiltà" e sul "pericolo islamico".

La pletora di staterelli-fantoccio nati dalla ex Jugoslavia - Slovenia, Croazia, Bosnia, Montenegro, Macedonia, ora il kosovo - non ha altra risorsa economica che fare da base d'appoggio per le operazioni illegali delle multinazionali, di cui la NATO non è solo il braccio armato, ma anche una attiva e diretta centrale affaristica. Del kosovo si tende oggi a parlare il meno possibile, poiché la sua stessa esistenza pone ormai domande e dubbi imbarazzanti che si preferisce rimuovere.

Il problema è che quella che Bush chiamava con disprezzo la "vecchia Europa", oggi deve confrontarsi con Stati nuovi membri  dell'Unione Europea che non sono dei semplici subordinati degli Stati Uniti- come del resto è anche la "vecchia Europa" - ma delle finzioni giuridiche che coprono veri e propri territori d'oltremare degli USA, come Portorico.

Non si tratta solo dei Paesi della ex Jugoslavia, ma anche di Stati una volta satelliti della Russia, come l'Ucraina, la Polonia, l'Ungheria, ecc. È inevitabile che una tale situazione di accerchiamento da parte degli Stati Uniti abbia anche riflessi interni per Paesi come la Francia, la Germania o l'Italia, particolarmente per questi ultimi due, che sono quelli che al loro interno hanno più basi NATO. L'unico Paese che non ha basi americane  sul suo territorio ed anche una sufficiente potenza militare per opporsi, la Francia, ha espresso come leadership il personaggio di Sarkozy, che sembra uscito da una farsa di Georges Feydeau.

Mentre negli  Stati Uniti si svolgono le cosiddette elezioni primarie, in Europa molti commentatori sembrano in attesa di un successore di Bush che possa mettere da parte gli aspetti più aggressivi ed "unilaterali" della politica di quest'ultimo. In realtà proprio la vicenda della Jugoslavia dimostra che l'attuale politica di Bush non è altro che la continuazione di quella di Clinton, che è stato colui che ha avviato una vera e propria espugnazione militare  del territorio europeo. C'è un'oggettiva continuità fra Clinton e Bush, che tutte le polemiche sul presunto "unilateralismo" di Bush non riescono a smentire.

Quella dell'unilateralismo è stata infatti un'apparenza che è rimasta circoscritta alla questione dell'aggressione all'Iraq, in cui gli USA hanno sì agito da soli, ma solo dopo che la Francia e la Germania avevano convinto Saddam Hussein a disarmare con la promessa di una revoca delle sanzioni economiche. A quel punto Francia e Germania non avevano altra scelta che dichiararsi ufficialmente in dissenso nei confronti di Bush, per non dichiarare sfacciatamente di avergli spianato la strada per l'occupazione dell'Iraq.

Quindi il colonialismo statunitense si è sempre avvalso, e continua ad avvalersi, della attiva collaborazione dei suoi colonizzati, in particolare di quelli europei. 

14 febbraio 2008
Comidad

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