giovedì 29 luglio 2010



Il governo Obama ed il quotidiano "New York Times" hanno messo in piedi quella consueta messinscena mediatica detta "democrazia americana", recitata in modo da far ripetere ai disciplinati commentatori ufficiali i soliti slogan sulla assoluta libertà della stampa americana, che non esiterebbe a mettere in piazza i segreti militari e di Stato, se è per il "pubblico interesse". Sarà la solita coincidenza, ma la notizia principale che emerge dalle "rivelazioni" del "New York Times" sulla guerra in Afghanistan è proprio quella che serviva all'Amministrazione Obama per inasprire la sua aggressione contro il Pakistan. I "documenti" rivelerebbero infatti che i servizi segreti pakistani collaborano con i cosiddetti Talebani per organizzare aggressioni contro gli occupanti della NATO, cioè il Pakistan sarebbe un finto alleato ed in effetti un nemico, quindi il colpevole dell'impasse militare della NATO. Afghanistan e Pakistan rappresenterebbero perciò un unico fronte. Sarà un caso, ma è esattamente la stessa cosa che Obama ripete da due anni prima di diventare presidente, ed è l'unico suo esempio di coerenza che si sostenga esclusivamente per propria evidenza; mentre, per il suo salvataggio finanziario delle assicurazioni mediche private, i media hanno avuto il loro bel da fare per riuscire a spacciarlo come "riforma sanitaria".
Il sistema mediatico non è congegnato in modo tale da riuscire ad impedire a tutte le notizie scomode di filtrare, ma questo sistema è comunque in grado di far soffermare l'attenzione del pubblico soltanto sulle notizie che fanno comodo ai potentati affaristici; ciò attraverso il meccanismo dei commenti e delle opinioni. Una notizia che i media non commentano per lungo tempo, per lo più non viene notata.
Poco più di un mese fa era infatti circolata l'informazione sull'inchiesta di una commissione del Congresso USA sullo "scandalo" delle tangenti elargite ai signori della guerra afgani, ed agli stessi Talebani, per permettere ai convogli di rifornimento per le truppe statunitensi di transitare indisturbati in certi territori. Una relazione del Dipartimento della Difesa USA ha scaricato la colpa di tutto sulle agenzie private di contractor incaricate della sicurezza dei convogli, mentre ha scagionato da ogni responsabilità diretta gli eroici militari statunitensi,

che sarebbero anzi le vittime di questi illeciti "subappalti" praticati dai contractor. Le notizie ufficiali sono reperibili sul sito del deputato John Tierney, presidente della commissione d'indagine.
Anche il "New York Times" aveva dedicato un po' di attenzione alla notizia, riservandole un preoccupato editorialuccio sul cattivo uso che si fa del denaro dei contribuenti. Comunque niente di paragonabile alla campagna mediatica che lo stesso "New York Times" ha allestito sui presunti documenti segreti da cui emergerebbe il presunto tradimento del Pakistan.
In realtà era già dalla fine del 2008 che filtravano varie informazioni sul pedaggio che le truppe USA pagano per evitare gli attacchi della resistenza, e varie tracce di queste notizie sono ancora reperibili su Google, come l'articolo di Tom Coghlan su Timesonline. Nel corso del 2009 è toccato alla missione militare italiana in Afghanistan interpretare per un po' di tempo sui media la parte del capro espiatorio per le accuse di versamento di tangenti ai Talebani, e nella campagna mediatica sulle mazzette versate dagli Italiani si distinse il solito "New York Times". Oggi però c'è da constatare che l'entità delle cifre pagate dagli Italiani è assolutamente incomparabile rispetto ai milioni di dollari elargiti dagli occupanti USA.
Risulta evidente che non si sborsano cifre di questa entità soltanto per permettere ad un convoglio di rifornimenti di passare indenne, perché ciò non avrebbe senso in una logica esclusivamente militare, ma il senso ce l'ha in una logica di business; altrettanto evidente è poi che i pagamenti non sono stati effettuati esclusivamente dai contractor, anche se il Dipartimento della Difesa USA ha cercato di farlo credere. All'inizio dell'anno la NATO ha affermato inoltre di aver operato in Afghanistan una grande offensiva presso la "roccaforte" talebana di Mariah, ma, anche in questo caso, varie testimonianze hanno segnalato che in effetti non vi sarebbe stata nessuna vera offensiva, solo bombardamenti sui civili, che hanno fornito ai Talebani il necessario preavviso per potersi ritirare.
La coincidenza che ha fatto scalpore, riguarda il fatto che la NATO sia arrivata sul posto giusto in tempo per il raccolto dei papaveri da oppio, che nella zona di Mariah è il più cospicuo dell'intero Afghanistan. La distruzione del raccolto era stata presentata come uno degli obiettivi dell'offensiva. Ma poi l'oppio non è stato affatto distrutto dalle truppe NATO, e ciò - si è detto a propria giustificazione - per non inasprire i rapporti della NATO con la popolazione civile (evidentemente i bombardamenti invece non inaspriscono questi rapporti).
L'eccesso di bontà degli Americani è talmente proverbiale che ormai non ci crede più nessuno, infatti la rapidità con cui l'oppio raccolto è sparito, ha fatto ritenere che sia stato caricato sui convogli NATO e portato in alcuni aeroporti strategici, ovviamente con destinazione Bondsteel, la base militare USA in Kosovo. La secessione kosovara è stata recentemente avallata dalla Corte Internazionale di "Giustizia" dell'Aja, il supremo tribunale dell'ONU; in tale decisione ha ovviamente influito la presenza della base USA di Bondsteel, che è stata installata in Kosovo prima dell'indipendenza, quindi senza alcun trattato internazionale, del tutto abusivamente. In pratica la Corte dell'Aja non se l'è sentita di far scoppiare il bubbone. La "giustizia" vale solo contro i deboli.
La NATO però non è abbastanza forte da sconfiggere la resistenza afgana, ma lo è quanto basta per continuare a controllare il traffico di oppio, anche se con la necessità di pagare un pedaggio. Cinque anni fa il coinvolgimento diretto della NATO nel traffico d'oppio era ancora una notizia da internet, roba da cospirazionisti; ma nell'ultimo anno il dato ha acquisito una crescente credibilità; mai tale però da coinvolgere la vera area dell'informazione di massa, quella dei telegiornali e dei dibattiti d'opinione, poiché in quelle sedi, quando si tratta degli Stati Uniti, nessuna prova è mai sufficiente, neppure per avanzare un timido sospetto.
Quindi c'è ancora parecchio margine per campagne d'intossicazione come quella attualmente condotta in collaborazione, e finto contrasto, tra l'Amministrazione Obama ed il "New York Times". Il Pakistan è un'area strategica per gli oleodotti, e sarebbe immorale se riuscisse a costruirceli la multinazionale cinese PetroChina, e non le multinazionali anglo-americane; ed ecco allora un buon motivo per criminalizzare ed occupare anche il Pakistan.
La "globalizzazione" costituisce lo slogan mitologico e lo specchietto per le allodole che serve a coprire una realtà molto più squallida, quella dell'affarismo criminale all'ombra dell'aggressione militare - questa sì globale - degli USA. 

 Comidad 

 

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