Chi legge i miei articoli, chi segue le mie conferenze e chi mi ascolta come consigliere comunale non ignora la mia posizione nei riguardi di quel curioso ente chiamato ARPA, un acronimo per Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente. Come molti enti pubblici, anche questo è pletorico, anche questo è ipofunzionante, anche questo pesca nelle tasche dei contribuenti.
Che cosa ci offre in cambio? Beh, tante cose, ma non sempre ciò per cui noi lo manteniamo.
Forse in omaggio al suo nome, l’ARPA è impegnatissima a suonarci dolcissime ninne nanne di regime che ci fanno dormire tranquilli. Ogni volta che l’ambiente è minacciato – e succede quotidianamente in una miriade di località – gli arpisti pizzicano le loro corde e il popol bue si addormenta beato con le parole “non è successo niente” sussurrate all’orecchio.
Nel comune dove io sono consigliere i burocrati dell’ARPA sono addirittura spacciati per uomini di scienza e, forti di questa loro veste, per indebita che sia e per goffamente indossata, sono impegnati da anni a cavare un ragnetto da un buco che non vuol saperne di aprirsi. Così gli abitanti del Comune di Nonantola si vedono piovere addosso roba giallognola appiccicosa, sono attaccati da odori nauseabondi, soffrono di disturbi fisici che mi limito a definire sgradevoli e la risposta è la solita: “Non è successo niente.”
Mercoledì scorso a Marcon, comune a ridosso di Venezia, è andata a fuoco una fabbrica d’inchiostri e di macchinari per imballaggi chiamata L.Vi. Solita colonna di fumo nero, solito mancato allarme rivolto alla popolazione (http://www.youreporter.it/video_Incendio_a_Marcon_2) e solito arrivo dei pompieri che, non senza fatica, spengono l’incendio (http://nuovavenezia.gelocal.it/dettaglio/marcon-incendio-devasta-una-fabbrica-di-inchiostri/2169152).
Come da prassi e per “competenza” territoriale, è l’ARPAV, dove la V sta per Veneto, ad occuparsi dei rilievi ambientali e, come da prassi, manco a dirlo, non è successo niente: ciò che viene rilevato è un po’ di VOC (composti organici volatili) vicinissimi a quelli che costituiscono il fondo “normale” (http://www.ilgazzettino.it/articolo.php?id=110738).
Il resto? Diossine? Polveri? Acidi?
A chi abbia qualche nozione di chimica potrebbe parere impossibile che non ci sia nulla di tutto questo. Prendiamo, ad esempio, la famosa diossina di Seveso, la 2,3,7,8-tetraclorodibenzo-p-diossina. È noto che questa si forma di preferenza tra i 400 e gli 800 °C, vale a dire proprio la temperatura che sarebbe stata quella dell’incidente, e si formi quando siano presenti sostanze organiche e cloro, cioè condizioni ovvie nel caso in questione. Ma, se l’ARPAV sarà coerente con quanto fece a Treviso nell’ormai fin troppo famoso rogo della DeLonghi, anche stavolta non troverà niente.
Non parliamo, poi, delle polveri, qualcosa che l’ARPA non sa caratterizzare né ha idea del loro impatto reale sull’organismo. Quindi, facciamo conto che, come dicono loro, non sia successo niente. Ma aspettiamo: non si sa mai.
Intanto, con molto buon senso, ninna nanna o no, i sindaci di Marcon e di Mogliano Veneto hanno ordinato di non mangiare frutta e verdura coltivata in loco e di non usare l’acqua locale per innaffiare orti e campi (http://www.oggitreviso.it/incendio-marcon-mogliano-frutta-vietata-27262).
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