martedì 16 ottobre 2012

Perché Israele non mi piace

– Philip Giraldi -
Tradotto da  Curzio Bettio
“Il governo israeliano è un regime ‘canaglia’ secondo i principi e le norme internazionali, impegnato com’è nell’esercitare la tortura, la detenzione arbitraria, e la continua occupazione dei territori sequestrati dalle sue forze armate. Peggio ancora, ha manipolato con successo il mio paese, gli Stati Uniti, e ha recato danni terribili sia al nostro sistema politico sia al popolo degli Stati Uniti, un crimine che non riesco proprio a perdonare, tollerare, o giustificare.”
Anche questi sapientoni, che sembrano voler prendere le distanze dalla politica estera degli Stati Uniti rispetto alle esigenze di Tel Aviv, e iniziano a trattare Israele come un qualsiasi altro paese, a volte si sentono in dovere di cercare tutte le giustificazioni possibili prima di arrivare al nocciolo della questione.
I prologhi auto-laceranti generalmente partono con la dichiarazione di come questi scrittori abbiano davvero un sacco di amici ebrei e come ritengano che gli Israeliani siano grandi persone e Israele un paese meraviglioso, prima di lanciarsi in quella che di solito è una critica abbastanza mite.
Beh, io non mi sento così. Israele, non mi piace proprio! Che io abbia o no amici ebrei, non influisce sul mio modo di considerare Israele, ed è irrilevante per la questione.
E per quanto riguarda gli Israeliani, quando ero agente della CIA all’estero, sicuramente ne ho incontrato molti. Alcuni erano brave persone e alcuni non lo erano così tanto, come per la generalità delle persone in qualsiasi altro luogo nel mondo. Ma anche l’esistenza di Israeliani onesti e leali non cambia il fatto che i governi che anche costoro hanno eletto fanno parte integrante di una impresa criminale che va avanti da tanto tempo, a giudicare dalle periodiche condanne di ex presidenti e primi ministri. Non è molto tempo che l’ex presidente Moshe Katsav è stato giudicato colpevole di stupro, mentre quasi ogni recente capo di governo, compreso quello attuale, è stato indagato per corruzione. Inoltre, il governo israeliano è un governo di un regime ‘canaglia’ secondo i principi e le norme internazionali, impegnato com’è nell’esercitare la tortura, la detenzione arbitraria, e la continua occupazione dei territori sequestrati dalle sue forze armate. Peggio ancora, ha manipolato con successo il mio paese, gli Stati Uniti, e ha recato danni terribili sia al nostro sistema politico sia al popolo degli Stati Uniti, un crimine che non riesco proprio a perdonare, tollerare, o giustificare.
Interferenze nelle politiche elettorali statunitensi  
Desta indignazione la diretta ingerenza del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu negli affari politici interni degli Stati Uniti durante la sua più recente apparizione in una trasmissione di una rete televisiva della Florida, in cui Netanyahu ha espresso tutta la sua approvazione nei confronti del candidato repubblicano Mitt Romney.
Le dichiarazioni di Netanyahu e la sua ingerenza nelle elezioni sono state ampiamente riportate dai media e sono state anche stigmatizzate da numerosi importanti membri del Congresso ebrei, ma non hanno suscitato alcuna risposta da Obama o da Romney.
Entrambi avrebbero dovuto condannare con la massima fermezza l’intervento assolutamente senza precedenti in una elezione usamericana da parte di un capo di governo straniero. Che non abbiano niente da dire è una testimonianza del potere che Israele e i suoi amici nel Congresso e nei media esercitano sulla dirigenza politica degli Stati Uniti.
Comunque, Romney potrebbe anche privatamente approvare queste dichiarazioni, visto che ha sostanzialmente promesso di cedere a Netanyahu il diritto di fissare i limiti di intervento per la politica degli Stati Uniti in Medio Oriente.
Ci trascinano verso la guerra
E perché Benjamin Netanyahu è tanto in agitazione? Lo è perché il presidente Barack Obama non gli concede una “linea rossa”, che potrebbe automaticamente scatenare un attacco statunitense contro l’Iran. Consideriamo per un momento l’arroganza di Netanyahu nell’esigere che Washington soddisfi le sue condizioni per lanciare un conflitto contro l’Iran, una nazione che con tutti i suoi difetti spesso descritti non ha attaccato nessuno, non ha minacciato di attaccare nessuno, e non ha assunto la decisione politica di acquisire un’arma nucleare, a dispetto di ciò che si legge sulla stampa statunitense.
 
Netanyahu e il suo schema di bomba all’ONU: I stadio, II stadio, stadio finale

Alle Nazioni Unite, il grafico di Netanyahu rappresentante una caricatura di bomba con una miccia crepitante, ricordo di qualcosa che avrebbe potuto essere stato impiegato da un anarchico nel 1870, non è riuscito a superare una qualsiasi prova di credibilità anche per gli inevitabili capi-tifoserie dei media USA. Se gli Stati Uniti entrassero in guerra sulla base di un cartone animato di Netanyahu, allora andrebbero a meritarsi tutto quello che comporta un’impresa rischiosa che volge all’aspro, molto probabilmente un “Iraq Redux”, una riedizione della vicenda irachena, solo 10 volte peggiore.
Ancora più scandalose, e molto meno presenti nei mezzi di comunicazione, sono state le osservazioni formulate da Patrick Clawson, direttore delle ricerche per l’Istituto di Washington per le Politiche nel Vicino Oriente (WINEP), un’organizzazione finanziata dal Comitato Americano per gli Affari Pubblici di Israele (AIPAC).
WINEP è generalmente considerato come una componente importante della lobby israeliana a Washington ed è strettamente collegato al governo israeliano, con cui comunica in maniera regolare. Clawson dirige l’Iniziativa per la Protezione dall’Iran di WINEP.
In una conferenza del 24 settembre, ha affermato:
“Io francamente penso che l’inizio della crisi possa essere davvero difficile, violento e brutale, ed è molto duro per me vedere come gli Stati Uniti … uh … il presidente può portarci in guerra contro l’Iran …. Il modo tradizionale con cui gli Stati Uniti entrano in guerra è quello che dovrebbe corrispondere al meglio agli interessi degli Stati Uniti.”
Si noti che Clawson sottolinea la sua convinzione che avviare una crisi per ottenere che gli Stati Uniti vengano coinvolti in una guerra con l’Iran, e quindi ingannando il popolo usamericano portandolo a pensare che questa sia la cosa giusta da fare, è in realtà un “interesse per gli Stati Uniti.”
Egli cita Pearl Harbor, Fort Sumter, il Lusitania, e il Golfo del Tonchino come modelli per come riuscire a coinvolgere gli Stati Uniti. Il che porta inevitabilmente alla soluzione di Clawson:
“Se gli Iraniani non accettano una situazione di compromesso, sarebbe meglio se qualcun altro iniziasse la guerra … sottomarini iraniani periodicamente si immergono. Un qualche giorno, uno di loro potrebbe non affiorare …. Noi siamo in grado di utilizzare mezzi segreti contro gli Iraniani. Siamo potuti arrivare a cose più sgradevoli di questo.”
Clawson sta chiaramente approvando la messa in scena da parte di Israele di un incidente che potrebbe portare alla guerra, forse anche un’operazione “false-flag” condotta da Israele con l’implicazione diretta degli Stati Uniti, o addirittura sta sollecitando la stessa Casa Bianca a portare avanti questa operazione.
Non a caso Clawson non ha mai servito nell’esercito degli Stati Uniti, e ha un dottorato di ricerca in scienze economiche presso la Nuova Scuola per le Ricerche Sociali, fattori che a ben vedere dovrebbero indicare come lui non sia il più qualificato ad impostare un’operazione segreta per affondare un sottomarino e, quindi, scatenare un conflitto.
Potrebbe essere considerato come moderatamente ridicolo, ma come molti dei suoi colleghi neo-conservatori è ben inserito nel sistema. Egli scrive regolarmente per The Washington Post, The New York Times e The Wall Street Journal; appare in televisione come “esperto”, e in WINEP è sodale con l’onnipresente Dennis Ross, a volte chiamato l’“avvocato di Israele”, che fino a poco tempo fa è stato l’uomo di punta del presidente Obama sulle questioni del Medio Oriente.
Clawson è un utile idiota, che dovrebbe essere registrato come “agente del governo israeliano” se il Dipartimento di Giustizia facesse bene il suo lavoro, ma invece viene portato in palmo di mano come un uomo che dice le cose come sono, nei termini degli interessi usamericani.
La distorsione del processo decisionale nella politica estera in questo paese è qualcosa che può essere attribuito a Clawson e al suo esercito di compagni di viaggio, i quali promuovono palesemente gli interessi di Israele a spese degli Stati Uniti. E fanno questo con gli occhi ben aperti, in piena consapevolezza.
Incitamento all’odio spacciato per libertà di parola
Io volutamente eviterò di dilungarmi nell’attaccare  la fanatica filo-israeliana Pamela Geller e i suoi manifesti nella metropolitana di New York che definiscono selvaggi i Palestinesi e civili gli Israeliani, e sono certo che è stata già puntualizzata la questione su come qualsiasi menzogna che possa servire alla causa di Israele sarà aggressivamente difesa come “libertà di parola”.
Un manifesto che similmente avesse appioppato agli Ebrei o ai neri il termine di “selvaggi” non avrebbe visto la luce del giorno a New York City, un’altra indicazione del potere della Lobby e dei suoi amici nel controllare il dibattito sul Medio Oriente e nella gestione del sistema.
Rete di spie
E allora esistono buone ragioni per non amare Israele e ciò che rappresenta, anche attraverso uno sguardo retrospettivo. È del 1952 l’“affare Lavon”: gli Israeliani erano pronti a far saltare in aria un centro informazioni degli Stati Uniti ad Alessandria di Egitto e addossarne la colpa agli Egiziani.
Nel 1967, gli Israeliani hanno attaccato e quasi affondato la USS Liberty, uccidendo 34 membri dell’equipaggio, e poi hanno usato il loro potere sul presidente Lyndon Johnson per bloccare un’inchiesta su ciò che era accaduto.
Nel corso degli anni ‘60, gli Israeliani hanno trafugato uranio da un laboratorio in Pennsylvania per costruirsi un arsenale nucleare segreto. E lo spionaggio e il furto di tecnologia statunitense continua!
Israele è la più fervente “nazione amica”, mentre arriva a rubare i segreti agli Stati Uniti, e quando le sue spie vengono catturate, o vengono rimandate a casa o, se sono Statunitensi, ricevono solo buffetti sulle mani.
Uccidono cittadini statunitensi
E Israele la fa franca perfino uccidendo cittadini statunitensi, vedi il caso di Rachel Corrie http://truth-out.org/news/item/11606-rachel-corrie-responsible-for-own-death-israeli-court-rules e quello di Furkan Dogan, trucidato dai commandos di Israele sul “Mavi Marmara”.
Non dimentichiamo il trattamento di Israele nei confronti dei Palestinesi, che ha reso gli Stati Uniti complici di un crimine contro l’umanità. Tel Aviv ha anche giocato un ruolo chiave nell’entrata in guerra di Washington contro l’Iraq, nel promulgare una guerra globale al terrorismo condotta dagli Stati Uniti contro il mondo musulmano, e nel gridare al lupo contro l’Iran, e tutto questo non è assolutamente servito agli interessi degli Stati Uniti. E in mezzo a questo marasma, il Congresso e i media sembrano inconsapevoli ed immemori di ciò che sta avvenendo. Israele ha beneficiato di più di 123 miliardi dollari di aiuti dagli Stati Uniti, e continua ad ottenere 3 miliardi di dollari ogni anno, anche se il suo reddito pro capite è superiore a quello della Spagna o dell’Italia.
Nessuno si pone una qualsiasi domanda su cosa abbiamo a che fare con Israele, mentre il Congresso approva senza sollevare obiezioni  risoluzione dopo risoluzione, praticamente assicurando l’entrata in guerra per conto di Israele.  Devo ammettere che non mi piace quello che il mio governo sta facendo in questi giorni, ma mi piace ancora meno Israele, ed è giunta l’ora di fare qualcosa al riguardo. Non più soldi, non più sostegno politico, nessuna tolleranza più nei casi di spionaggio, non più dover ascoltare richieste di “linee rosse” per entrare in guerra, basta con la stampa favorevole quando il demente Benjamin Netanyahu regge un cartone alle Nazioni Unite.
Il governo degli Stati Uniti esiste per servire il popolo americano, né più né meno, ed è tempo che i nostri rappresentanti eletti comincino a ricordarsi di questo fatto.
Nota del traduttore
Il 9 ottobre, il premier Benyamin Netanyahu ha annunciato lo scioglimento anticipato della Knesset, il parlamento di Israele, e la convocazione di elezioni legislative tra gennaio e febbraio del 2013.
Da tempo Netanyahu progettava di andare al voto, e molto probabilmente ha affrettato le sue decisioni in vista della nuova legge di bilancio 2013, e della progettazione di un attacco contro l’Iran.
Netanyahu, un liberista sfrenato, sente spirare un forte vento di crisi economica sullo Stato ebraico e vuole imporre una manovra “lacrime e sangue”, con tagli allo stato sociale e alla spesa pubblica, secondo lui per evitare al paese una crisi più profonda, di entità europea. I partiti religiosi che lo appoggiano sono in subbuglio perché temono di vedere forti limitazioni ai generosi sussidi elargiti alle comunità di ebrei ortodossi. Ecco forse la necessità di una verifica elettorale.
Ma una forte motivazione dello scioglimento anticipato della Knesset resta la questione del nucleare iraniano. Sicuramente il risultato delle elezioni verrà condizionato dallo stato di ansia degli Israeliani per le questioni di sicurezza.
Durante il suo intervento alle Nazioni Unite, Netanyahu con il suo disegno della bomba con la miccia accesa ha dettato i tempi del presunto raggiungimento da parte dell’Iran del punto di non ritorno, quando l’Iran sarà tecnicamente in grado di produrre un ordigno atomico.
La soluzione preferita da Netanyahu resta sempre un attacco ai centri di ricerca nucleare iraniani, e in qualche modo tenta di trascinare nell’aggressione anche gli Stati Uniti.
Se Obama, che fino a questo momento ha posto dei freni a questa azione, risultasse vincitore dovrà per forza “rendersi conto” che le sanzioni internazionali non hanno bloccato i programmi iraniani e quindi sarà chiamato a dare il via libera ad un attacco congiunto israelo-statunitense.
Se risulterà vincitore il repubblicano Mitt Romney, un fautore dell’uso della forza contro Teheran, lo scenario diverrà ancora più probabile.
Ecco perché Netanyahu ha bisogno di una maggioranza schiacciante alla Knesset, e ritiene che il suo partito, il Likud, abbia le potenzialità di una vittoria con largo margine.
Bisogna mettere in conto sempre la possibilità di qualche azione “false flag”! Un progetto astuto, ma fonte di pericolosissimi sviluppi.

Tlaxcala

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