mercoledì 28 luglio 2010

di Matteo Pistilli
Da cittadini interessati, responsabili e per quanto possibile informati, leggiamo con interesse ogni tipo di informazione possibile. In tempi come questi in cui il pensiero unico è più che mai forte c’è poco da fare gli schizzinosi e c’è bisogno della giusta apertura mentale per ascoltare le più diverse fonti.

Ma, chiaramente, quello che non deve mai mancare è uno spirito critico necessario per interpretare quello che leggiamo così da potergli attribuire un giusto valore. E’ per questo motivo che ci pare interessante porre brevemente l’attenzione sul fenomeno “Wikileaks”(1) in questi giorni agli onori della cronaca per aver diffuso documenti “segreti” sulla guerra in Afganistan. In questi rapporti si leggono le difficoltà Usa, i civili morti, i fallimenti che per persone informate non rappresentano niente di nuovo se non che le fonti sarebbero documenti ufficiali.

Ma alla luce di anche altre informazioni contenute in questi rapporti e alla luce della lettura del “manifesto” di Wikileaks vengono spontanei alcuni dubbi, che probabilmente investono tutti noi.

Intanto tali documenti segreti oltre a dire banalità evidenti a tutti -bastano le immagini pilotate dai mass media per comprendere l’eccidio di civili e gli obiettivi geopolitica della guerra Usa- si limitano a ripetere le opinioni di una parte dell’amministrazione americana e inoltre contengono altri spunti come il rapporto Pakistan-“talebani” (oppure Al-Quaeda) e il ruolo dell’Iran nell’addestramento di ipotetici terroristi, che richiamano strane analogie. Questi due accenni sono, guarda caso, proprio in linea con gli interessi statunitensi, riguardanti il controllo del Pakistan (2) e l’antagonismo contro la sovrana Repubblica iraniana (3). Come è possibile che quella che si vorrebbe contro-informazione, vada a conformarsi invece sugli obiettivi strategici di chi l’informazione la controlla, ossia Stati Uniti e Israele? Come mai si chiama all’azione contro Pakistan e Iran, ossia Paesi da tempo indicati come obiettivi principali dal governo Usa?

Lasciamo ai lettori il compito di approfondire, vogliamo solo sottolineare invece gli scopi del sito Wikileaks:

“Il nostro principale interesse è smascherare le azioni di regimi oppressivi in Asia, nell’ex blocco sovietico, nel Medio Oriente e nell’Africa Sub-sahariana, ma collaboriamo anche con le persone che desiderano svelare comportamenti non etici dei loro governi e delle loro aziende.”

Questo si può leggere nella versione italiana del sito; è evidente la comunanza di vedute con il pensiero globalizzatore e mondialista che ha il proprio centro negli Stati Uniti; si considerano vari Stati come oppressivi semplicemente perché non si conformano al dettato espansionista Usa, e soprattutto, guarda caso, si citano proprio quelle aree del pianeta – il cuore dell’Eurasia e il medio oriente controllato dal sionismo – che sono al centro della strategia globale nord-americana: la Cina, l’heartland eurasiatico, il vicino Oriente ossia le varie zone in cui l’azione Usa si fa concreta, sono proprio quelle accusate da Wikileaks di avere regimi oppressivi; sembra di sentir parlare il Dipartimento di Stato Usa.

“Wikileaks è stato fondato da dissidenti cinesi, da matematici, e da compagnie tecnologiche “startup”, in vari centri che includono Taiwan, l’Europa, l’Australia, ed il Sudafrica.”

Come sopra: a sentire quello che affermano (anche se non fosse vero è importante che ci tengano a dirlo) il sito è opera di dissidenti cinesi, ossia coloro che vengono coccolati da Washington per colpire un futuro (e presente) antagonista degli Usa nel mondo come Pechino, e poi Taiwan (!), Europa, Australia: praticamente il sistema di riferimento della Nato! Sarà un caso, non sarà una macchinazione, ma di certo qui si paga una banalità di pensiero e una mancanza di visione strategica che comporterà l’utilizzo “partigiano” dei materiali pubblicati, che verranno con tutta probabilità sfruttati dall’azione globale statunitense, per giustificare ogni tipo di decisione.

Detto questo ribadiamo è importante accogliere qualsiasi fonte di informazione, ma è altrettanto fondamentale analizzarne idee e provenienza, perché non tutto è oro quello che luccica, e dietro a quella che sembra sana contro-informazione potrebbe sempre nascondersi volente o nolente la disinformazione di regime. 
Eurasia

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