lunedì 16 agosto 2010

Mentre Hollywood spacciava i suoi western dove i selvaggi indiani erano sempre i cattivi, attorno ai giornaletti di Tex Willer si raggrumavano quelli che, tra i miei coetanei, stavano “dalla parte degli indiani” (come da quella di Spartacus, dell’ Algeria o del Vietnam…)

Penso che proprio i films western di Hollywood (anche se con il ’68 sarebbero arrivati films come “Soldato blu” e “L’uomo chiamato cavallo”) ed i fumetti italiani di Tex Willer, siano state tra le informazioni base su cui sono state costruite le idee forza di una America dove i buoni vincono (favorita dall’ansia tutta italiota di stare dalla parte dei vincitori, che occupavano, e tuttora occupano, militarmente la nostra patria).

Il cuore di questa nota è la volontà di liberarmi da un’ingiusta, cinquantennale, ammirazione per Tex Willer che mi fu spacciato come un combattente “dalla parte degli indiani”e ho ora riscoperto nella reale funzione di un abile ed intelligente collaboratore del genocidio dei pellerossa.

Quando, più di 3 anni fa, ne ho ripreso la lettura, giustamente promozionata da Repubblica e L’Espresso (di proprietà di un noto finanziere sionista), ero, e lo sono tuttora, impegnato a sostenere il popolo palestinese, e mi apparve subito drammaticamente corretta l’equazione: i coloni ebrei stanno ai cowboys = come i palestinesi stanno ai pellerossa (anche se, l’anno successivo quando entrai a Gaza con la seconda nave che ruppe l’assedio israelo/statunitense/europeo, il Primo Ministro Haniyye, non gradì affatto il mio paragone, penso per la fine che fecero gli indiani).

Annoto solo tre questioni:

1. Quando Tex viene mandato (da un Ministro, da un amico Generale dell’ Esercito o dall’ Agenzia privata Pinkerton) a sconfiggere i “guerrieri ribelli”, che hanno “dissotterrato l’ascia di guerra” e sono usciti dalle riserve in cui erano rinchiusi, lo fa cercando di ucciderne il meno possibile (mi torna in mente il “minor danno” di cui parlava la senatrice Menapace all’epoca della decisione dei comunisti di partecipare alla guerra di Israele e degli USA contro l’Afghanistan) ed esplicitando in vari modi la motivazione (presentata dallo scrittore del testo come “saggia e realistica”) che la loro rivolta non produrrebbe altro che l’immediato arrivo di migliaia di giacche blu, munite di fucili, mitragliatrici e cannoni, i cui comandanti aspettano il minimo pretesto per massacrare tutta la loro tribù.
2. A scatenare le rivolte indiane sono sempre “incidenti” e singoli atti criminali e lui (“Aquila della notte”, divenuto capo indiano per aver sposato Lilith la figlia del capo dei Navajos e al contempo “Agente Indiano”, e cioè rappresentante del Governo Americano e Ranger dell’agenzia Pinkerton, che era come l’ attuale CIA) ed “i suoi pards” riescono a domarle garantendo la “vendetta”, in alternativa alla rivolta; così l’episodio finisce con la morte o la deposizione, talvolta dell’agente indiano, ladro o in combutta con speculatori del Congresso o del Governo, tal altra del colonnello o del generale delle giacche blu, responsabile dell’ “incidente”, per personale attitudine al crimine o per incompetenza.
3. Nelle storie di Tex, non ci sono solo “politici” e “militari” razzisti, corrotto, imbelli ed incapaci, ma ovviamente, in ogni episodio vengono ben evidenziate le figure di politici e ministri, così come sergenti e generali (suoi amici) onesti e affidabili, che fanno onestamente “il loro dovere”, ma gli autori non esplicitano mai che il loro onesto dovere è esattamente quello di annientare e segregare gli indiani per liberare territori in cui portare quella civiltà che moltiplicherà gli investimenti dei banchieri.

Un moderno D’Alema, un Frattini o, purtroppo, un Abu Mazen, tanto “saggi e realisti” da dire con i palestinesi di starsene buoni e di scordarsi che la Palestina è la loro Patria, altrimenti è peggio per loro, perchè darebbero ad Israele il pretesto per nuovi impuniti massacri.

I pellerossa non avrebbero potuto vincere, perchè l’opinione pubblica mondiale era saldamente gestita dai giornali di proprietà degli stessi banchieri che avevano investito in quelle imprese criminali e così il mondo se ne fregava di loro e li considerava “non uomini”, mentre molti capi indiani, di fronte agli stermini a cui avevano assistito, finivano per firmare accordi e patti che il Governo americano non aveva alcuna intenzione di onorare.

Nalla documentazione storica disponibile ci sono tutti i piani e le prove del genocidio, avvenuto sia pagando gli scalpi degli indiani, sia fomentando gli scontri tra tribù, sia decimando i bufali e la selvaggina che rappresentavano la sopravvivenza alimentare dei pellerossa, sia contaminandoli con malattie virali, sia favorendo la capillare distribuzione degli alcolici, che, prima e dopo la chiusura nelle riserve, misero “fuori gioco” due intere generazioni di giovani indiani.

Io continuo imperterrito a leggere le avventure di Tex, per i ricordi che mi suscitano, per i disegni di ottima fattura, per la dovizia di informazioni geografiche ed etniche, per le belle storie spesso tratte dalle cronache dell’epoca, ed anche perchè ogni tanto qualche autore infila qualche perla nel testo, come quella della foto, a pag.283 del n° 182: “Ci sono dei buoni bianchi…(..)..ma sono delle eccezioni ! Gli altri bianchi ci odiano, anche i coloni che ci hanno rubato la terra! Non puoi chiedermi di amare chi mi disprezza, Tiger Jak !”.

Quella di Tex resta una amena lettura anche perchè mi consola il fatto che oggi il potere dei grandi banchieri, dei loro media e dei loro partiti, non è più illimitato e persino tra loro e nelle gerarchie politico/militari americane c’è chi, segretamente, vede il sionismo israeliano come il maggior pericolo per la pace. L’esercito sionista ha già perso in Libano ed a Gaza, e io penso che, pur nell’abissale sproporzione degli armamenti (ben maggiore di quella con cui si misurarono i pellerossa), i palestinesi, forti del sostegno “dei giusti” del pianeta e guardinghi verso i capi corrotti ed i falsi amici, possano ancora vincere; stanno già vincendo.
Il Nodo di Fernando Rossi

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